“Manca poco al centenario dell’inizio della Grande Guerra e, approfondendo i temi relativi, soprattutto quelli legati a coloro che ne furono protagonisti volenti od obbligati, mi sono imbattuto nei “Ragazzi del ’99”, come vennero chiamati i soldati dell’ultima leva disponibile da opporre al nemico al fronte nel 1917″.
Esordisce con queste parole Sergio Tazzer – storico giornalista della RAI e stimato saggista – nella prefazione al suo ultimo lavoro “Ragazzi del Novantanove”. E proprio queste prime righe racchiudono il desiderio dello scrittore di occuparsi della Storia, di affrontarla sì attraverso l’indagine, la ricerca, il documento, ma soprattutto di raccontarla attraverso memorie personali e collettive. “Le memorie sono state riportate come furono scritte, con gli stessi errori di ortografia e di sintassi, ed anche in dialetto”, avverte Tazzer: un atto di fedeltà nei confronti della Storia e insieme di generosità verso quei giovani eroi, siano essi vinti o vincitori, che l’hanno fatta. L’attenzione è posta in particolare su quegli uomini – anzi ragazzini, bocetti come vengono chiamati in Veneto – che furono gli ultimi figli dell’Ottocento destinati ad indossare la divisa, forse più pronti a mettersi in posa, sigaretta alla bocca, per scattare una fotografia da spedire ai familiari, che a sentirsi abili al fuoco. Duecentosettanta mila unità, giovani speranze che fra stupore e paura furono chiamate a difendere la loro e la nostra Patria in quello che fu il Primo Conflitto Mondiale. E allora ecco che Tazzer ripercorre avvenimenti, battaglie, offensive che tutti noi abbiamo studiato sui libri, andando oltre, muovendosi cioè nella dimensione dell’umano, fra i vari fronti, fra le trincee costruite sul massiccio del Grappa, sul Montello; e poi ancora fra le linee di difesa sul Piave, con le sue piene, le sue acque tenebrose che scorrevano rapide nell’oscurità, facendoci quasi respirare l’odore acre della polvere da sparo misto all’aria buona delle colline venete. Da giornalista e storico, Tazzer ascolta i discorsi di generali, comandanti, sottotenenti e di semplici soldati, ci regala fogli d’ordine sequestrati ad ufficiali nemici, versi di poesie in dialetto, canti militari, articoli di giornale dell’epoca; ogni pagina presenta fotografie in bianco e nero che ritraggono paesaggi suggestivi, mulattiere sulle retrovie del Grappa, piazze distrutte dai bombardamenti, strade polverose percorse da camionette militari; ma anche scene di vita quotidiana, soldati intenti a spidocchiarsi, intenti a scrivere lettere per i familiari, intenti ad esibire armi e medaglie. Il tutto costituisce quello che è un intenso reportage della Prima Guerra Mondiale, che si avvale di documenti ufficiali che vanno a completarsi con numerosi aneddoti, racconti tramandati di generazione in generazione. Molte le storie personali che ci fanno riflettere, commuovere e, talvolta, sorridere. E qui entra in gioco lo stile narrativo dell’autore: minuzioso, preciso, ed insieme sensibile e delicato, che forse coinvolge maggiormente il lettore, al di là del dato storico. Tante storie che fanno la Storia: circostanze di grande miseria fisica e morale, attimi di sensazioni ed emozioni vissute, gesta che nel loro piccolo appaiono oggi grandiose. Il ricordo e la riflessione divengono quindi una forma di riconoscenza, di dovere: per l’autore e per il lettore – cronologicamente lontano da quell’epoca – che in tal modo è chiamato oggi a porsi la domanda su come si testimoniano certi eventi, certi fatti, ed è chiamato ad esserne meno distrattamente distaccato.
“Ragazzi del Novantanove” di Sergio Tazzer
pubblicato da Kellermann Editore
pp.288 – euro 18
1 comment
Mirella Severi says:
gen 25, 2013
Molto brava Alessia De Marchi, con una recensione senza fronzoli ma sentita, che a me ha saputo trasmettere con semplicità e completezza quanto l’autore ha voluto narrare, presentandocelo come persona sensibile e coinvolta profondamente in quello che scrive.