Si sa, la notte prima degli esami di Maturità è sempre un po’ speciale. Negli ultimi anni essa è stata cantata e portata al cinema; magistralmente, Tiziano Scarpa, scrittore e drammaturgo veneziano, l’ha scelta come ambientazione della sua straordinaria opera scritta per il teatro intitolata “L’infinito”, e Arturo Cirillo, regista teatrale napoletano, la sta mettendo in scena da più di un anno con successo, richiamando l’attenzione di un pubblico sempre più giovane. Ebbene, Scarpa ha portato fisicamente sulla scena un giovane Giacomo Leopardi, gracile, curvo e gobbo, rielaborandone in un certo senso la figura, che alla fine della lettura/spettacolo non si potrà fare a meno di amare.
Nella notte in cui Leopardi sta scrivendo quella che diverrà la sua celebre poesia, ovvero L’infinito, il drammaturgo veneziano regala a noi lettori-spettatori e al poeta stesso un’illusione: al giovane Giacomo fa finalmente oltrepassare la siepe, lo fa fuggire da Recanati e lo catapulta in un’epoca “infinitamente” lontana, nell’anno duemilaundici appunto, e per di più a casa di Andrea, un aspirante deejay di vent’anni, intento a ripassare italiano, in vista dell’esame di Maturità che dovrà sostenere l’indomani.
“L’infinito” di Tiziano Scarpa è una breve ma intensa commedia drammatica che vede due coetanei di epoche diverse stringere amicizia, confrontarsi e far fronte alle loro paure, ambizioni e ansie che sono poi comuni alle generazioni di ogni tempo. I due ragazzi fanno presto a familiarizzare; Andrea – che non ne può più della scuola tanto da impasticcarsi pur di non subire un’altra bocciatura e i rimproveri del padre – gli rivela la tecnologia del computer e del telefonino, gli fa leggere la sua biografia su Wikipedia e lo aggiorna su due secoli di storia attraverso Internet; Giacomo – che paradossalmente ha trovato rifugio proprio nello studio, unica attività che gli ha permesso di evadere con lo spirito e di sfuggire alla noia e alla disperazione – lo conduce a sua volta nel suo mondo, “in cima all’ermo colle”. Insieme recitano l’idillio, lo parafrasano, lo spiegano ognuno a modo proprio, ognuno con il proprio registro linguistico:
Andrea (infervoratissimo, un treno in corsa): “Praticamente. Cioè, un naufragio, un disastro, ma anche una figata…e tutto ‘sto viaggio te lo sei fatto semplicemente stando seduto su una cazzo di collina. Sulla terra. Ti sei fatto un oceano col pensiero. Da solo. E ci sei pure annegato dentro.”
Giacomo e Andrea sono complici di un’illusione che coinvolge il terzo ed ultimo personaggio della scena: Cristina, la simpaticissima e gelosissima fidanzata dello studente. Anche lei in un certo senso “mira” a “interminati spazi” – ovvero il palcoscenico di X-Factor! – e non si lascia scappare ciò che Giacomo può offrirle:
Cristina (Rivolgendosi a Giacomo): “Scrivi una poesia su di me! Una poesia stupenda! (Declama) Cristina, colei che più soave e più gentile e ancor più strafiga… Ma il mondo è questo! (Gli prende la mano e se la appoggia dolcemente sull’inguine) La siepe! Devi passare attraverso questo varco, per conoscere l’infinito. Per entrare.” E Giacomo: “Ma io voglio uscire!”
Dopo aver “anelato a gustare quelle cose della vita” che gli furono precluse, l’amore, l’affetto di una donna, Giacomo è diventato un venditore ambulante di agende, marito di Cristina e padre di un bambolotto. Sulla scena dell’atto II°, essi dialogano sulle conseguenze della loro illusione innanzi ad un irriconoscibile Andrea, che ora recita il ruolo di un “passante”; Scarpa ci ricorda così il Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere delle celebri Operette Morali, l’agile dialogo fra l’umile venditore e il meditativo passante, personificazione di due atteggiamenti contrastanti dell’animo leopardiano: da un lato, l’ironico e smaliziato punto di vista della ragione che smaschera ogni illusione, dall’altro il desiderio continuo di vivere più pienamente la vita. Ed è proprio così che si conclude l’opera: l’illusione svanisce e insieme ad essa il giovane poeta, il quale sembra aver tratto un insegnamento dalla sua fuga nel terzo millennio: “l’uomo è mille volte più malvagio della natura”. Restano Andrea e Cristina che, con consapevole disincantato, decidono di ricominciare a “sognare insieme”, poiché senza illusioni la vita non avrebbe senso: “Io, te e la nostra illusione”.
“L’infinito” di Scarpa può essere quindi considerato un formidabile testo teatrale che vede alternarsi momenti lirici ed ironici, riflessivi e coinvolgenti. In esso, il ritmo drammaturgico e la potenza del linguaggio si fondono, lasciando trasparire il grande amore dello scrittore per colui che da sempre è ritenuto essere il lirico italiano romantico per eccellenza. Ahimè, studiato spesso in modo frettoloso, magari proprio in vista di un esame.
edito da Einaudi
pp. 90 – euro 10