Un libello, scritto in un momento di pausa dell’autore da titoli ben più impegnativi. Una disquisizione piacevole da serata in enoteca, tra gente colta.
Contiene due piccoli saggi scherzosi che hanno la peculiarità di non avere niente a che fare l’uno con l’altro. Il primo è una ricostruzione semistorica del medioevo basata sui flussi commerciali di una spezia, il pepe. Il secondo, una tesi fantasociologica sulla distribuzione della stupidità nella popolazione mondiale.
L’arguzia è il patto non dichiarato su cui si basa la dissertazione: va da sé che le teorie presentate sono storicamente e sociologicamente plausibili, volendo, persino supportate da dotte ricerche.
Nel divertissement dell’intelligenza usata con grazia e cultura, dichiarazioni come “Senza il commercio del pepe non ci sarebbe stata Storia degna di questo nome” e “Il numero degli stupidi al mondo è, è stato, e sarà sempre di gran lunga maggiore di quanto si possa pensare”, assumono una dignità affascinante e stimolano ulteriori costrutti sulla scia di una tradizione antica, quella di certi filosofi greci riuniti nelle loro taverne culturali, di pietra e colonne. Un passatempo che si era un po’ perso nel corso dei millenni e che ora entra in libreria come un best seller, anche se questo libro era stato scritto per gli amici, anni fa. Bene così: far giocare ragionamento e conoscenza è, adesso come allora, considerato uno dei migliori esercizi per lo sviluppo del pensiero critico di cui c’è sempre tanto bisogno.
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“Allegro ma non troppo” di Carlo M. Cipolla
edito da Il Mulino
pp. 110 – euro 15
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Recensione di Loredana de Michelis
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