“Böse Philosophen” di Philipp Blom (Hanser)
La storia della filosofia non è mai stata estranea a mode, tendenze e verdetti, a volte emessi avventatamente. Uno di questi è che l’illuminismo ha perso la propria battaglia per la sopravvivenza. Nomi come d’Holbac, d’Alembert e Grimm non appartengono più al dibattito contemporaneo, e se non fosse per Diderot e, in parte, per Voltaire, il loro pensiero sarebbe già completamente liquidato. Tutto comincia circa 200 anni or sono, nel salotto parigino del barone d’Holbach. In quel circolo culturale, oltre agli illuministi, gravitavano personalità dotate di uno spessore culturale internazionale, come lo scozzese David Hume ed il nostro Cesare Beccaria.
Da quel fecondo ambiente emerse poi una grande personalità, la cui fama oscurò quelli che un tempo furono suoi amici, diventati nemici dopo gli sconvolgimenti politici che attraversarono la Francia in quel periodo: si tratta di Rousseau. Prima il suo pensiero fu indicato dai rivoluzionari come fonte di ispirazione, poi la sua concezione della natura servì ai romantici per muovere le critiche più feroci contro l’illuminismo stesso. I “cattivi filosofi” a cui si riferisce il titolo del libro di Philipp Blom sono loro, gli sconfitti del circolo d’Holbach, dei quali lo storico tedesco ci vuole raccontare la storia. “Böse Philosophen”, uscito l’anno scorso in Germania e non ancora tradotto in italiano, è scritto infatti in un coinvolgente stile narrativo, che se da una parte è volto a rendere evidente il legame tra i costrutti teorici e la vita pratica degli illuministi, dall’altro è una maniera divulgativa di rendere contenuti storici e filosofici. Blom è convinto che questi intellettuali avessero sviluppato delle teorie avveniristiche, non meritando in alcun modo quell’oblio che la storia delle filosofia ha riservato loro. L’ambizioso obiettivo che il tedesco si prefigge è, in questo senso, ribaltare tale verdetto storico. Egli concentra la sua attenzione sul salotto d’Holbach e sui filosofi che lo popolarono tra gli anni ’50 e ’60 del XVIII secolo. Descrive accuratamente il ruolo specifico che ogni membro del circolo venne ad assumere, e ne illustra con chiarezza le visioni politiche ed imprese letterarie, culmine delle quali è sicuramente la stesura dell’Encyclopédie da parte di d’Alambert e Diderot. L’autore non disdegna di trattare anche l’influsso giornalistico che gli illuministi ebbero sugli intellettuali parigini del tempo, e di parlare dei loro nemici, su tutti la chiesa e le forze politiche.
Il punto di rottura con la vulgata filosofica, ancora oggi largamente diffusa, sta nel giudizio di valore che Blom esprime riguardo a quel circolo intellettuale: in esso non c’è spazio per alcuna chiacchera da salotto fine a se stessa. Al contrario, fu proprio lì che si posero le basi filosofiche per una rinascita del pensiero radicale, tanto che la polizia francese inviò delle spie che riferissero eventuali discorsi volti alla sovversione. Il segreto custodito in quel salotto, dimenticato dalla storiografia filosofica ufficiale, è nientemeno che l’ateismo, l’ostilità verso il cristianesimo e la fede che col tempo sarebbe diventata una conquista intellettuale duratura. A casa d’Holbach si sono uditi discorsi che anticipavano concezioni del mondo che saranno, un secolo più tardi, fatte proprie da Darwin, nel segno di un materialismo tipico dell’illuminismo radicale. In questo senso, la rivoluzione francese è intesa come regressione, perché rifiutò l’ateismo e sostituì al cristianesimo un culto statale della ragione. Blom vuole dunque mostrare come, in realtà, le idee di Rousseau fossero in definitiva più conservatrici, sul piano religioso, rispetto a quelle dei suoi ex compagni di salotto, che vengono presentati come coraggiosi ispiratori ante litteram di quel grido di dolore con il quale Nietzsche sconvolse il mondo alla fine dell’800: “Dio è morto!”.
edito da Hanser
pp. 400 – euro 24,90
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