Istanbul, anni Settanta. Terra di rigide convenzioni sociali, di apparenze, di rituali. Prima di sposarsi è necessario il fidanzamento: una festa a cui si invitano cugini fino al più lontano grado di parentela, amici, vicini di casa, chiunque abbia avuto uno benché minimo scambio umano con la futura coppia. È ad una di queste feste che si consuma l’addio di Kemal e Fusun, imparentati per nascita e amanti per caso, che dopo una breve ma intensa relazione sono costretti a lasciarsi perché lui sta per essere fidanzato con un’altra. Solo che l’amore è più forte di ogni convenzione: lui rompe il fidanzamento ma è lei a sposare un altro. Il “museo” che Orhan Pamuk ha realmente creato ad Istanbul è fatto di otto anni di corteggiamento, in cui Kemal frequenta la casa di Fusun, che vive ancora dai genitori insieme al marito regista e sogna un futuro nel cinema, cena da loro ogni sera e ogni sera porta via con sé un oggetto diverso. Un mozzicone di sigaretta, una forchetta, un soprammobile. Qualsiasi cosa, purché lei vi abbia posato il suo sguardo o lo abbia toccato. Oggetto dopo oggetto, Kemal costruisce il museo che celebra quell’amore silenzioso, nella speranza che il trascorrere degli anni permetta loro di consumarlo ancora una volta.
Pamuk scrive questo romanzo subito dopo aver vinto il Nobel. L’amore struggente di Kemal è narrato attraverso un dettagliato, a tratti prolisso e magnificamente descritto ritratto della Istanbul di quegli anni, del ruolo che ogni individuo ha nella società, dell’emancipazione delle donne. Il marito di Fusun è un aspirante regista indipendente, come Truffaut e soci lo erano negli stessi anni dall’altra parte del Mediterraneo. Kemal si improvvisa produttore pur di stare accanto alla sua amata, e questo libro è anche un mezzo per scoprire il dietro le quinte di come lavorava chi voleva fare cinema a discapito dei tempi e delle poche risorse (umane, economiche, tecnologiche) a disposizione.
titolo originale: “Masumiyet Müzesi”
edito da Einaudi
pp. 585 – euro 24
1 comment
Che viaggio questi libri | hobomondo says:
apr 3, 2013
[…] destinazione per i viaggi altrui. È quanto ha fatto Orhan Pamuk nel costruire a Istanbul il suo Museo dell’innocenza: un palazzo che lo scrittore ha fatto ristrutturare e pazientemente allestito per circa 15 anni. Un […]