Dopo “I quindicimila passi” Trevisan torna a parlarci di Thomas, un personaggio affetto da una sorta di disturbo ossessivo-compulsivo, torturato dal disastroso rapporto con la sua famiglia, con quella dell’amico di infanzia e con il suo Paese d’origine, ovvero l’Italia. Thomas è infatti nato in Veneto, a Vicenza, ma una volta raggiunta la maggiore età ha abbandonato prima il tetto famigliare, poi l’Italia, trasferendosi in pianta stabile in Germania.
Il libro è la narrazione di un viaggio mentale che ne precede uno vero e proprio, ovvero quello in moto dalla Germania all’Italia che Thomas sente di dover affrontare per dare l’ultimo saluto all’amico d’infanzia, cugino e fratello di sangue, “Pinocchio”. La narrazione porterà in realtà ad un’aspra critica dell’Italia e della famiglia, quella di Thomas in particolare ma quella italiana in generale, con la figura made in Italy della madre onnipresente e opprimente, il padre assente e sottomesso e sorelle maggiori che attendono solo di prendere il posto della madre.
Come un moderno Pasolini, Trevisan espone tutto il marcio italiano, senza particolari riferimenti a nomi e date che ci fa tristemente capire che questa critica è atemporale e dovuta ad intrinseche idiosincrasie del popolo italiano. Rispetto a Pasolini, ampiamente citato nell’opera, il tono del nostro autore è molto più duro e privo di quella sofferenza che si evince dagli scritti del giornalista tipica di che vede lo sfacelo del Paese che ama e vive. Trevisan attraverso Thomas assume invece il tono severo e sprezzante di chi si sente un estraneo nel proprio Paese e perciò lo abbandona per prenderne le distanze, fisiche e ideologiche.
Ma il romanzo non è una semplice critica al nostro Paese, il filo narrativo centrale è infatti molto importante e avvincente, illustrando la storia di Pinocchio, cugino di Thomas, quasi idolatrato da questi in virtù della sua abilità e spavalderia nei loro giochi d’infanzia, ora morto. La notizia come già detto spinge Thomas a decidere di tornare in Italia per il funerale ma gli riporta alla mente la brutta storia del figlio di Pinocchio, considerato da Thomas come un nipote che vive nell’adorazione della figura del padre, mai presente, costruita attraverso le storie d’infanzia di Thomas.
L’astio e la gelosia reciproci fra Thomas e la moglie di Pinocchio degraderà anche il rapporto tra il protagonista e il cugino; Thomas sarà addrittura accusato di essere in qualche modo il colpevole della morte del figlio di Pinocchio, avvenuta in circostanze mai chiarite.
Il tono del romanzo è dominato dall’ossessività del personaggio esplicitata dalla ripetizione frequente di alcune frasi e dall’eccessiva precisione adoperata nel descrivere particolari momenti.
Impossibile capire se nel libro sia la parte narrativa a servire da pretesto per una critica al vetriolo della società italiana o se sia invece questa feroce filippica un semplice contorno della storia vera e propria; ad ogni modo questo romanzo avrà l’innegabile valore di far riflettere i lettori coinvolgendoli contemporaneamente in una sorta di giallo abilmente costruito.
edito da Einaudi
pp. 156 – euro 13