“Puoi sostenere la finzione con una certa disinvoltura, finché il tuo doppio spendibile in società non comincia a diventare invadente, a parlare anche quando vorresti tacere”.
“[…] in questo sterminato casino non c’è più un vicino, non c’è più un lontano, né possibilità di solitudine né di una vera condivisione. Tutto è attrezzato per farti restare nel mezzo[…]”
Una volta letto “Gli sdraiati” inizia l’indagine a ritroso sulla prosa prodotta da Michele Serra quando non si dedica alle sue amache o all’esilarante satira preventiva. Spunta “Il ragazzo mucca” (ristampato da Feltrinelli), titolo bizzarro del precedente romanzo del giornalista: la storia di Antonio Lanteri, giornalista e alter ego, alle prese con un’inarrestabile nausea del mondo che lo porta a cancellare tutti gli appuntamenti con la vita per rifugiarsi nel casale di famiglia in Valmasca. La storia della sua caduta è l’occasione per fermarsi a ricordare di uno zio comunista partito per il Sudamerica, di un’infanzia, di un’adolescenza che si rivelano essere gli intimi motori di un presente incomprensibile. Proprio nella memoria, nella riflessione, il protagonista finirà per elaborare questo lutto autobiografico per trovare di nuovo il filo delle cose fatte. Si sospetta che dietro tutto ciò ci sia molto del proprio autore, che nel ’97, anno di prima pubblicazione del libro, preconizza tanti avvenimenti che si verificheranno lampanti di lì a pochi anni. La lungimiranza del giornalista emerge limpida in alcuni punti, dove il discorso si fa filosofico e acquista peso, uscendo dai cardini del romanzo. Dove inizia il giornalismo finisce la letteratura e la prosa di Serra, caricata a dovere di lemmi d’annata e parole ben assestate (è un lessico da poeta il suo). Il testo finisce inesorabilmente per fiaccare il lettore laddove i confini della prosopopea soffocano lo slancio artistico. Si evince chiaramente che si tratta di un’opera prima, dapprima perché nelle pagine residua tutta quell’esigenza di far mostra di sé e delle proprie capacità tipica del centometrista abituato alle brevi distanze; in secondo luogo, alla luce della lettura de “Gli Sdraiati” che costituisce una sicura evoluzione rispetto a “Il ragazzo mucca”, quest’ultimo risente di lungaggini, dialoghi innaturali, parentesi inutili, insomma, di tutti quei difetti che possiamo imputare a un opera prima. “Gli Sdraiati” invece è asciutto, innanzitutto nella forma, e risulta infine più agile, più adatto alla personalità scrivente di Serra. “Il ragazzo mucca” è un libro onesto che ci fa guardare dentro noi stessi con indulgenza, insegnandoci che cadere per bene è l’unica maniera per rialzarsi come si deve.
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“Il ragazzo mucca” di Michele Serra
edito da Feltrinelli
pp. 217 – euro 8
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Recensione di Giovanni Proietta
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