Seduto nei caffè del quartiere di Sain-Antoine di Parigi, Sebastien Jallade, giornalista e fondatore di “Voix nomade”, uno dei primi siti comunitari di viaggiatori, oltre che marciatore e autore di documentari e studi sulla strada Qhapaq Nan, riflette sui motivi che lo spingono da sempre a partire per orizzonti nuovi. Scavando nelle proprie esperienze, la maggior parte in America Latina, individua una serie di risposte collegate ad un unico filo conduttore: la ricerca e la costruzione di sé. Le mete sconosciute diventano così luoghi da misurare come territori di caccia, e il viaggio si trasforma in un percorso iniziatico, come nei miti che hanno fondato il nomadismo occidentale sulla ricerca di sé, quella stessa ricerca che oggi può diventare un’esperienza unica, una risposta al richiamo della libertà di diventare quello che si vuole essere. Ecco perché una vita senza un viaggio non può essere considerata riuscita. Se si considera poi che nel 2040 un miliardo di uomini vivrà lontano dalla propria terra natale, il richiamo della strada è la vera odissea moderna. Si parte per esplorare, per costruire il sé e per appagare l’aspirazione primordiale verso l’ignoto, come fa Fabien, che va a costruire un ospedale in Camerun, o Élodie, una giovane scrittrice che si avventura in un Tibet proibito. Sono entrambi esempi del viaggio come manifesto e messaggio di quello che l’autore definisce una forma di “nomadismo attivo”. Ricerca, frontiere, limiti, esili: il richiamo della strada assomiglia ad un campo di battaglia in cui il viaggiatore mostra il proprio spirito conquistatore per soddisfare la propria voglia di vivere. Ogni viaggio inizia con delle parole su una cartina, con una mappa come via di accesso alla conquista della verità, per approdare al confronto con modi di vita negati, con persone incontrate per caso. L’autore invita anche a prendere atto dell’illusione costruita con le tecnologie di ultima generazione, come Google Earth, che offrono sì un utile database, ma sono tutt’altra cosa rispetto ad una testimonianza reale, che porta con sé sempre una parte di mistero, quella mistica dell’incontro in cui l’altro diventa un vicino in un luogo sconosciuto, in cui il viaggiatore è semplicemente uno scopritore, un antiquario della diversità del vivente, un innamorato del racconto per tappe. In sintesi, il richiamo della strada, da movimento senza fine, da canto della partenza e delle utopie vagabonde, può diventare anche una terapia contemporanea, soprattutto per chi ha perso la spinta verso quegli orizzonti sconosciuti che diventano parte del proprio orizzonte di senso.
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“Il richiamo della strada” di Sebastien Jallade
pubblicato da Ediciclo Edizioni
pp.90 – euro 8,50
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