“In dreams begin responsibilities” W.B. Yeats

Tamura Kafka scappa di casa il giorno del suo quindicesimo compleanno, inseguito dal peso di una maledizione scagliatagli dal padre, alla ricerca della madre che lo ha abbandonato; Nakata è un simpatico vecchietto che ha perso metà della sua ombra quando era un bambino: in compenso sa parlare con i gatti e far piovere sgombri e sanguisughe dal cielo. Non si incontreranno mai ma ognuno diverrà “pietra dell’entrata” nella storia dell’altro…

Penultimo romanzo dello scrittore giapponese Haruki Murakami (almeno fino a Novembre, data di uscita italiana del già acclamato “1Q84”), “Kafka sulla spiaggia” riprende le atmosfere oniriche presenti in molti dei suoi romanzi, portandole alle loro estreme conseguenze.
Il reale e il fantastico si susseguono senza soluzione di continuità, all’interno di una storia che è difficilmente inquadrabile sotto categorie note: in parte romanzo di formazione, in parte quest, il tutto avvolto da una patina di fantasy, con alcuni elementi che non sarebbero fuori posto in un film di David Lynch. Volendo proprio fare il gioco delle categorie, si potrebbe forse definire “Kafka sulla spiaggia” una sorta di “fantasy esistenzialista”, dove le atmosfere fantastiche rappresentano una proiezione dell’io dei protagonisti, i dolori e le inquietudini dei personaggi si sostanziano in forme “reali” e può capitare che lo smarrimento di un personaggio venga rappresentato come una vera e propria fuga in una  “selva oscura”, a sua volta porta d’ingresso a una sorta di Limbo tra le montagne. Allo stesso tempo quello che avviene “fuori dalla realtà” ha però ripercussioni sulla realtà stessa (si veda l’incipit di Yeats) e questo porta i protagonisti della storia a vivere come sospesi in un loro Giappone alternativo, dove non è inusuale chiacchierare con i gatti per avere informazioni o incontrare il Colonnello Sanders, l’icona del Kentucky Fried Chicken.
E proprio la straordinaria commistione tra le suggestioni del Giappone, paese permeato dagli spiriti viventi della tradizione shintoista, e molte tematiche che potremmo definire “occidentali”, prima tra tutte la ricerca di sé stesso (leitmotiv di quasi tutti i personaggi murakamiani),  sono gli elementi che rendono veramente unico “Kafka sulla spiaggia”; ricerca di sé che non avviene come detto solo nella “nostra” realtà: anzi, quello che Murakami sembra volerci dire è che la mancanza di un significato vero della vita è probabilmente una condizione che ci accomuna – i personaggi come i lettori – e forse solo liberandosi dalle dinamiche dell’ ordinario è possibile trovare una qualche comprensione all’assurdità dell’esistenza.
Quanto detto finora non deve però ingannare: “Kafka sulla spiaggia” è un romanzo tanto complesso e stratificato nei suoi temi – e innumerevoli possono essere i suoi piani di lettura – quanto gradevole da leggere: Murakami stesso definisce il suo romanzo un “page-turner” ed effettivamente la complessità del romanzo non inficia minimamente il piacere della lettura, anzi lo stile di scrittura sembra quasi fare da contraltare, per la sua semplicità quasi carveriana (non a caso Murakami è il traduttore giapponese di Carver); lo scrittore non sacrifica mai la storia a favore del surrealismo fine a sé stesso – come spesso accade in questo tipo di narrazione – e se il romanzo nel suo insieme ha un che di sfuggente e indefinito, nelle sue singole parti è sempre ben a fuoco, proprio come in un sogno, dove internamente ogni singolo evento sembra perfettamente logico e coerente mentre al risveglio non riusciamo più a mettere a fuoco quanto prima ci sembrava perfettamente nitido.

Consigliato soprattutto a chi preferisce i romanzi che lasciano dubbi e fanno sorgere domande; chi invece ritiene che un romanzo misterioso debba essere necessariamente un giallo potrebbe volersi tenere alla larga da “Kafka sulla spiaggia”: non solo il “colpevole” non sarà svelato, ma ci viene anche fatto capire che non è minimamente importante. Quello che conta è unicamente la storia che ci è stata raccontata.

“Kafka sulla spiaggia” di Haruki Murakami

titolo originale: “Umibe no Kafuka”

edito da Einaudi

pp. 518  –  euro 15

Recensione di Simone Ruffa