Siamo a settembre, nella villa di Tiziana e Giorgio ormai divorziati. Qui si trova la figlia Lorenza che dovrà gestire, con l’aiuto della cuoca Berta e del giardiniere Erminio, gli ospiti che occuperanno per qualche giorno la casa: lo sceneggiatore romano Stefano Guarienti con il compagno Duccio, Anita e Marisi Boffa, due anziane sorelle torinesi, Renata Lequio, un’elegante signora milanese, avvocato, amica del padre, Checco l’amico di Lorenza e un ricco signore svizzero con eccentrica ragazza al seguito.
La prima notte degli ospiti, nella villa patrizia, Leonella, trascorre apparentemente tranquilla ma il male si è insinuato: “Come se la laguna richiedesse un sacrificio, un’immolazione”. Il giorno dopo, il ritrovamento del corpo morto annegato della Boffa ci pone davanti la questione del male e della sofferenza. Un suicidio perfetto, almeno così sembrerebbe. Spetta a Guarienti, protagonista di tutti i romanzi di Farinetti, svelare gli inganni e risolvere l’intricato enigma.
La struttura del libro rimanda ad una sceneggiatura già dal sommario (suddiviso in tempi). I personaggi sembra quasi di vederli entrare in “scena” e i dialoghi diretti nascondono all’occhio del lettore il narratore.
È un romanzo a molte voci ma la più evidente è quella di un personaggio aggiunto, Venezia. La sua rappresentazione si erge, si mostra in tutto il suo splendore nel periodo del Festival del Cinema ma, com’è stato capace Farinetti, anche nei suoi risvolti più intimi e privati.

“La verità del serpente” di Gianni Farinetti
edito da Marsilio
pp. 297  –  euro 18