La Scienza è sempre stata considerata una cosa completamente avulsa dall’arte, dalla creatività e dall’ispirazione poetica, tanto da diventarne quasi una nemica: quando Newton spiega il segreto dell’arcobaleno attraverso il fenomeno della diffrazione, il poeta romantico John Keats lo accusa di aver “distrutto” la poesia in esso. In questo libro Dawkins vuole dimostrare che Keats si sbagliava. La natura, sostiene il biologo, è meravigliosa e affascinante anche se esaminata da un punto di vista scientifico. Capire come funziona l’arcobaleno non toglie bellezza al fenomeno, come eliminare l’idea di un “creatore” del mondo non rende l’universo meno entusiasmante; una domanda che gli viene fatta spesso è come egli possa alzarsi la mattina sapendo che non esiste niente di irrazionale, che dopo il grande salto non c’è nulla. A questo Dawkins risponde con uno sconfinato amore per la scienza, per la natura, per la vita: non abbiamo bisogno di falsi dei, di fate, di unicorni e di pentole piene d’oro alla fine dell’arcobaleno per apprezzare un mondo così bello nella sua razionalità. I poeti dovrebbero essere ispirati dalle nuove scoperte scientifiche, non temerle: “Se Keats e Newton si incontrassero, sentirebbero le galassie cantare”
Richard Dawkins: biologo di fama mondiale, alfiere dell’evoluzione darwiniana grazie a “Il gene egoista” (1976) e dal 2006 anche ateo più famoso del mondo grazie a “L’illusione di Dio”.
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“L’arcobaleno della vita” di Richard Dawkins
edito da Mondadori
pp. 299 – euro 10
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Recensione di Giulio Quarta
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