jeffrey eugenides mondadori le vergini suicideQuando l’epilogo è già contenuto nel titolo di un libro, si presume che il testo non riservi molte sorprese. Allo stesso modo, se la storia riguarda la morte di cinque ragazze, inevitabilmente si affronterà la lettura con una certa predisposizione d’animo.
L’autore Jeffrey Eugenides, con discreta maestria, riesce ugualmente a cogliere l’attenzione del lettore, a creare l’attesa.
Le cinque sorelle Lisbon sono descritte sommariamente: ciascuna si distingue forse per un paio di caratteristiche fisiche o caratteriali, ma in realtà, il vero protagonista è il gruppo, l’unione di tutte loro. Un altro gruppo, questa volta di maschi, compagni di scuola delle giovani, costituisce la voce narrante del romanzo: costoro, volgendo lo sguardo al passato, vanno alla ricerca di una spiegazione plausibile di quanto successe all’epoca. La storia è ambientata in una non meglio precisata cittadina americana, a ridosso di un lago, intorno agli anni settanta.
È la stessa casa dei Lisbon a delineare la parabola discendente di coloro che la abitano.
Unico elemento visibile (la vita che si conduce al suo interno è preclusa alla vista dei passanti e dei vicini), l’abitazione diviene il punto focale della storia. Attorno a questa dimora, della quale si descrive via via, e assai minuziosamente, lo sfacelo,  si  creano congetture di ogni tipo.
Qualcosa di simile viene raccontato nel romanzo di Harper Lee “Il buio oltre la siepe”: la casa è il solo anello di congiunzione fra chi vi vive segregato ed il resto del mondo; anche in questa circostanza vi è una stretta relazione fra il declino dell’immobile e l’infelice vita condotta al suo interno.
Il primo suicidio, quello di Cecilia, la più piccola, segna il punto di non ritorno: dopo di allora, la rispettabile famiglia Lisbon non sarà più la stessa.
Dopo l’iniziale, vano, tentativo di continuare a condurre una vita normale, tutti i membri della famiglia si arrenderanno, incluse le figlie, sebbene inizialmente più riluttanti.
S’intuisce facilmente quanto sia difficile, per le ragazzine, guadagnarsi uno scampolo di libertà, soprattutto rispetto a quella goduta, al tempo, dai maschi loro coetanei.
È invece difficile capire quanto la prigionia nella quale si riduce l’intera famiglia sia effettivamente consapevole e desiderata.
Se da una parte l’incuria devasta l’esterno della casa, dall’altra parte, al suo interno, questa  si riempie di  oggetti, all’inverosimile.
Tutto è permeato dalla presenza delle sorelle, costrette in angusti spazi:  vestiti, prodotti di bellezza, terraglie, cibo, rifiuti, sembrano riprodursi senza posa, quasi a compensare, nell’abbondanza, la vita di chi la abita, che invece si svuota gradualmente di significato.
Tutti i tentativi di salvare Lux, Bonnie, Mary e Therese cadranno a vuoto, ed i ragazzi potranno solo continuare a fantasticare davanti alla porta di casa loro, che resterà costantemente chiusa, con le cortine abbassate.

“Le vergini suicide” di Jeffrey Eugenides

edito da Mondadori

pp. 213  –  euro 9.50

Recensione di Clara Zangrandi