Quando questo libro ha vinto il Man Booker Prize, la critica ha salutato l’assegnazione del prestigioso riconoscimento letterario (riservato ai romanzi in lingua inglese) definendolo il primo romanzo “comico” ad aggiudicarsi il premio.
In realtà il romanzo di Jacobson (che è giornalista, conduttore televisivo e saggista, ma noto nei paesi anglosassoni soprattutto come umorista) affronta temi tutt’altro che divertenti, dall’antisemitismo alla politica israeliana.
Ma lo fa in effetti con un registro che attinge al comico a piene mani o, meglio ancora, a quello humor cinico e beffardo che rimanda direttamente all’opera di Roth o Richler, due autori dei quali in questo lavoro si scorgono evidenti parallelismi.
Il Finkler dell’enigma irrisolto è Samuel, filosofo ebreo ricco e famoso, che incarna tutto ciò che il coprotagonista Julian Tresolve, ex produttore della Bbc e suo vecchio compagno di scuola, vorrebbe ma non riesce ad essere, a partire proprio dal suo essere ebreo.
Autore di bestseller di filosofia prêt-à-porter, donnaiolo incallito, cinico e provocatore, Finkler sembra in grado di condurre la propria vita con invidiabile freddezza, che sfocia in apparente quanto irritante leggerezza. Tutto il contrario di Treslove, che invece è come imprigionato in un’ignavia noiosa e improduttiva, consapevole della propria incapacità di stabilire relazioni sensate con il resto del mondo e accanitamente deciso a svelare il senso profondo di quel modo unico di vivere che ha l’amico-nemico Finkler. Un nome che per lui incarna il prototipo dell’ebreo, tanto da assimilarlo anche anagraficamente al popolo eletto. Finkler, per lui, sono tutti gli ebrei del mondo.
La curiosità, l’invidia mista ad ossessione che Treslove nutre per il mondo degli ebrei lo spinge ad impegnarsi in un tragicomico percorso di auto-assimilazione della cultura ebraica. Un humus che vorrebbe fare suo e del quale vorrebbe ad ogni costo far parte, scontrandosi però contro una serie di inevitabili insuccessi.
Dall’incontro-scontro tra i due nasce una riflessione profonda sull’eterna questione dell’identità ebraica, di tutti gli ebrei-Finkler del mondo. Una riflessione che utilizza, deridendoli al tempo stesso, tutti i luoghi comuni che gli ebrei insieme sfoggiano e subiscono; fedele alla tradizione che riconosce proprio agli ebrei la migliore capacità di irridere il loro stesso essere ebrei.
Su un’architettura letteraria non semplice e, specie nel finale, velata di cupa amarezza, si innesta ad ogni modo una pirotecnica alchimia letteraria. Fatta di dialoghi, situazioni, battute ed equivoci propri di quella cultura yiddish in cui è fatale, e dolce, perdersi con un sorriso pensoso tra le labbra.
Il tutto ricamato con un linguaggio che padroneggia e tiene assieme con studiatissima nonchalance l’orgoglio e la vergogna, l’umanità e il cinismo, l’intelligenza e la farsa.
titolo originale: “The Finkler question”
pubblicato da Cargo Edizioni
pp. 428 – euro 20