Immaginate un sobborgo di Buenos Aires, verso l’inizio degli anni ’50. Comincia a cadere qualche fiocco di neve. C’è qualcosa di più bello e innocente di una nevicata notturna? Quando il grigiore dell’asfalto viene coperto da un manto immacolato e la città sembra quasi assolta dai peccati, la sua empietà perdonata dalla mano benevola della natura. Se poi si è seduti al tavolo con gli amici, giocando a carte e dimenticando per qualche ora le preoccupazioni che contraddistinguono le ore diurne, il quadro assume un significato ancora più idilliaco. Che importa se non è proprio stagione per la neve, se i fiocchi rilucono sinistramente? Sarà un effetto ottico, un gioco di riflessi causato dall’ozono. O forse no. Ben presto gli uomini al tavolo si accorgono che tutto attorno a loro è troppo silenzioso, troppo quieto all’improvviso. E’ l’inizio di un incubo, dal quale risulterà impossibile svegliarsi. Quella neve è mortale, basta che una quantità anche minima venga a contatto con il corpo e il gioco è finito, si esala l’ultimo respiro e tanti saluti. La neve è un’arma. Da questo momento in poi, gli uomini dovranno lottare in nome di un istinto tanto ancestrale quanto sopito, che la pubblicità e la politica hanno insegnato a dimenticare: la sopravvivenza. Degli alieni venuti da chissà dove stanno attaccando la terra, e quello che hanno in serbo per l’umanità farà sembrare un sollievo la morte istantanea garantita dalla neve. Così comincia il lavoro di Oesterheld, il primo vero survival nella storia del fumetto. Ogni opera successiva al ’59 che abbia come soggetto le vicende di sopravvissuti di fronte alla fine del mondo deve dunque allo sceneggiatore argentino il merito di aver sfruttato per primo questa idea. Viene da pensare che Oesterheld abbia avuto i giusti occhi per vedere quello che stava accadendo nel suo paese, riuscendo ad imprigionare sulla carta quei demoni che osservava correre nelle strade. Non serve certo leggere i saggi introduttivi, peraltro interessanti dal punto di vista storico e bibliografico, per capire che questa opera è una grande metafora della dittatura militare guidata da Videla, che attanagliò il paese tra il ’76 e l’81. Gli uomini che cadono in mano agli invasori vengono trasformati in succubi soldati privi di coscienza, le creature alleate con gli alieni sono controllati grazie alla dominazione della loro paura, i superstiti sono vittima di costanti allucinazioni indotte dal nemico per confondere e dividere. In questo senso, risulta commovente vedere come ogni resistenza venga spezzata, ogni tentativo da parte umana si concluda con un fallimento a costo di gravi perdite. Tuttavia, l’umanità rimane. Ci si aiuta a vicenda, si cerca di trovare una comunione di intenti da contrapporre al nemico comunque troppo forte, dotato di tecnologie superiori e di un controllo sulla massa impossibile da contrastare. A mio parere, questo è anche il messaggio fondamentale che Oesterheld ha voluto lasciare con la sua opera, lungi dall’essere una mera storia di apocalisse fantascientifica simile a quelle che costellano il panorama degli anni ’50. La realtà storica che prese forma due decenni più tardi è la più concreta testimonianza di come quello che si identifica come “finzione” sia, a tratti, più simile al vero che non la realtà stessa, che viene mistificata e resa immacolata, proprio là dove essa è più tragica. Un po’ come quella neve dalla quale tutto ha inizio, che sotto un manto di candore nasconde la morte. Questa dinamica non deve essere sfuggita alla dittatura, che un anno dopo il suo insediamento si preoccupa di eliminare Oesterheld. Egli, assieme alle quattro figlie, è parte di quella muta schiera di desaparecidos che le madri ancora piangono in Plaza de Mayo, il loro cimitero simbolico. Rimane la sua testimonianza, il suo occhio aperto sull’Argentina che si avviava verso l’orrore, il suo richiamo all’umanità contro la barbarie. Non resta che augurarsi che il messaggio che ha voluto lasciarci resti vivo, nel caso cominciasse a nevicare anche da noi.
“L’eternauta” di Héctor Oesterheld
pubblicato da 001 Edizioni
pp. 380 – euro 40