Jacques e André Shiffrin sono nomi forse poco noti alla maggior parte dei lettori, ma i più attenti conoscitori delle vicende editoriali del XX secolo non faticheranno a riconoscervi due delle figure che hanno segnato alcune delle pagine più rilevanti dell’editoria francese e americana. Jacques, editore ebreo a Parigi fra le due guerre, fu l’ideatore della celeberrima Bibliothèque de la Pléiade, ceduta poi a Gallimard e ancora oggi fiore all’occhiello dell’intero panorama librario francese; fuggito con la famiglia in America (grazie all’aiuto dell’amico André Gide) per sottrarsi alle persecuzioni naziste nella Francia di Vichy, fondò con altri intellettuali europei rifugiati (tra cui Kurt Wolff, primo editore di Kafka in Germania) la casa editrice Pantheon Books. Sotto questo marchio, a partire dagli anni Sessanta, anche il figlio André si dedicò alla professione editoriale, pubblicando alcuni dei più importanti scrittori del secondo Novecento (si pensi a Sartre, Camus, Foucault, Pasternak, Hobsbawm, Marguerite Duras, Simone de Beauvoir e Günter Grass), tanto da fare della Pantheon uno dei principali riferimenti culturali della sinistra americana.
André Shiffrin racconta questo e molto altro in “Libri in fuga – Un itinerario politico fra Parigi e New York”, un interessante testo che, ponendosi a cavallo tra il saggio storico-culturale e le memorie famigliari, descrive la lunga parabola editoriale dei due Shiffrin, intrecciandola strettamente non solo ad un fiume di ricordi privati, ma anche all’attenta osservazione del contesto sociale e politico entro cui essa si sviluppò. Attraverso le vicende personali, rivivono i momenti più significativi della storia del Novecento: la rivoluzione d’Ottobre, in seguito alla quale la famiglia del padre dovette abbandonare la Russia; poi gli anni del nazismo, della guerra e della caccia agli ebrei, vissuti con crescente apprensione fino alla decisone di fuggire oltreoceano; e ancora l’America, un Paese tutto da scoprire agli occhi del piccolo André, così diverso dall’Europa e tanto denso di aspettative.
Appassionato di politica fin da giovanissimo, l’autore si sofferma particolarmente sulle vicende statunitensi del secondo dopoguerra – il maccartismo, la distensione, la guerra in Vietnam, l’età reaganiana, l’11 settembre –, osservandone i contestuali effetti nell’ambito dell’informazione, dell’editoria e della circolazione delle idee. Socialista riformista d’impronta europea, ostile al comunismo ma anche aspro nei confronti del capitalismo a stelle e strisce, Shiffrin mantiene sempre uno sguardo parzialmente alieno, e per questo assai stimolante, nei riguardi della società americana, continuamente raffrontata alla Francia natía e al Vecchio Continente, con cui mai vengono recisi i legami.
Per quanto già l’avvio della guerra fredda segni la fine di ogni concreta prospettiva socialdemocratica negli Stati Uniti – prospettive ancora alimentate, nell’immediato dopoguerra, dal ricordo del New Deal rooseveltiano –, Shiffrin non rinuncia in alcun modo alla propria militanza culturale e politica, che prosegue e si rinsalda nell’attività editoriale. Di fronte all’affermarsi dell’iniziativa privata quale tratto egemone e definitivo della società americana, il suo impegno si volge con rinnovato vigore alla diffusione di una cultura critica, estranea al convenzionale circuito accademico, in cui trovano posto non solo fondamentali intellettuali europei, innovativi e progressisti, ancora poco noti negli Stati Uniti, ma anche le voci indigene più scomode e dissonanti, primo fra tutti Noam Chomsky. La militanza di Shiffrin non si arresta nemmeno quando la legge del massimo profitto fa capolino, insieme ai grandi trust industriali, nel settore dei media e dell’editoria (con quei deleteri esiti, in termini di qualità e indipendenza, che Shiffrin ha brillantemente raccontato in “Editoria senza editori” e “Il controllo della parola”, entrambi pubblicati in Italia da Bollati Boringhieri): assorbita da una multinazionale e ormai completamente smarrita l’identità della casa editrice che lui e suo padre avevano contribuito a rendere grande, André si reinventa editore indipendente, fondando la New Press e proseguendo in ambiente ostile la propria battaglia in difesa di una cultura di qualità, foriera di idee originali ed aperta alle voci marginali e dissidenti. Ben sapendo che solo questo lavoro culturale, dall’intrinseco valore politico, può gettare le basi necessarie ad una reale trasformazione della società.
titolo originale: A political education. Coming of Age in Paris and New York
edito da Voland
pp. 240 – euro 15