“Ho vissuto molte vite, dottor Jung…Vidi la prima rappresentazione di Amleto e l’ultima recita dell’attore Molière. Fui amico di Oscar Wilde e nemico di Leonardo…”
“L’uomo che non poteva morire” pubblicato per la prima volta in Italia nel 2001 e successivamente nel 2010 sempre ad opera della casa editrice Neri Pozza, è un romanzo dello scrittore canadese Timothy Findley. Per i lettori italiani il testo è stato tradotto da Massimo Birattari.
Camminando nel giardino di casa sua, un uomo teneva tra le proprie mani due oggetti: il primo un cordone di seta appartenente alla propria vestaglia, il secondo una robusta sedia presa da uno dei suoi ambienti. Il suo sguardo, stanco e affaticato, si conficcò contro un altissimo acero. Le sue mani formarono due nodi, uno ad avvolgere il proprio collo e l’altro a stringere la superficie grigia, ruvida e secca di un ramo. Sussurrate alcune parole, l’uomo, scostando la sedia al di sotto delle sue suole, si librò in un volo senza ali, solo il cordone di seta lo teneva appeso all’estremità del ramo. Rinvenuto il cadavere, il personale medico decretò lo stato di morte della persona ma il cuore del defunto riprese a battere dopo mezz’ora, seguito da un esile fiato che con il passare dei minuti divenne vero e proprio respiro. Quella persona, era di nuovo viva e pulsante….di nuovo. Non che non ci avesse mai provato a farla finita, Pilgrim. In passato aveva cercato di morire annegato, senza successo. In passato aveva cercato di avvelenarsi ma la morte anche in quel caso lo lasciava scivolare verso la vita. Che strana maledizione incombe su quest’uomo privandolo di una cosa tanto triste quanto naturale come la morte? E. soprattutto, chi è costui che asserisce di avere vissuto tantissime vite in balia di altrettante tantissime epoche che lente si susseguivano?
Carl Gustav Jung, esimio psicologo e psichiatra, accetta di prendere in terapia tale individuo e tenta di dare una spiegazione razionale a una vicenda che appare tanto interessante quanto strana, da pazzi forse. Quell’uomo è forse un pazzo? Pilgrim è solo l’attore di una grandissima commedia da lui stesso imbastita, o dietro le affermazioni di quest’uomo si cela una chiave di lettura più grande e complessa?
Sogno e fascino. Questa è la sensazione che il lettore prova non appena si immerge nelle pagine del libro. Fascino perché Findley è un superbo scrittore, la trama è un orizzonte dove misticismo e soprannaturale si incontrano. Sogno perché rivivere le vicende di una persona che ha avuto modo di conoscere e parlare con Leonardo da Vinci, Oscar Wilde, Sigmun Freud, è sempre origine di fantasie per la nostra testa.
Un plauso ai dialoghi, che strutturati in maniera calibrata e precisa descrivono in maniera perfetta il carattere e lo stato d’animo di ogni singolo personaggio.
D’altro canto devo dire nel racconto sono presenti delle lunghissime descrizioni che mi hanno fatto perdere il bandolo della matassa, a tratti.
Niente paura, Findley da grande scrittore, ti fa subito riprendere in mano le redini del racconto, cosi che lo stato di disorientamento provato in alcune pagine si rivela solo temporaneo e non fastidioso.
Suppongo che per un neofita che si avvicina alla materia della psicanalisi o più in generale della psicologia umana, questo testo trasmetterà meno, rispetto ad un cultore di tale materie.
Leggetelo se amate i racconti enigmatici, quasi da decriptare, tenendo presente che dietro un epilogo si potrebbe nascondere, forse, un nuovo inizio.
“L’uomo che non poteva morire” di Timothy Findley
edito da Neri Pozza
pp. 617 – euro 12