
Nel Paese del Buon Vento (il luogo era chiamato anche così) delle enormi ruspe minacciavano la tranquillità: era in atto una speculazione edilizia. Gli abitanti del paese con a capo il Nonno Stregone al grido di pane e tempesta dovevano difendersi. Non era la prima volta che il Bar Sport rischiava di chiudere ma questa volta l’oste Trincone doveva ingaggiarsi in una dura battaglia per difendersi dalle fauci di una enorme Rex taglia-sega-stronca e una ruspa Triceratopos che procedevano facendo scempio di castagni e faggi. Per salvare il bar andava trovata una soluzione e tutti i cervelli migliori del posto e anche qualcuno dei peggiori furono chiamati a raccolta.
In Pane e tempesta ritorna l’intonazione comica, un segno distintivo della “penna” di Stefano Benni, che latitava negli ultimi libri tanto da aver fatto preoccupare i lettori più affezionati.
La struttura narrativa scelta dall’autore sviluppa la trama in una serie di racconti che ci svelano la storia dei singolari personaggi che abitano il paese. Un caleidoscopio di esseri viventi, ognuno con le sue debolezze che Benni fa diventare peculiarità. Degli eroi autentici, capaci di gesta prodigiose e meriti eccezionali.
Una storia di rara e malinconica ironia, come preannunciato in esergo dalla citazione di Leonardo Da Vinci “come varia il pianto a seconda de le emozioni, similmente complicato et prezioso et ogni volta diverso è il ridere”, che carezza le corde emotive facendole vibrare per risvegliare quei valori essenziali resi atoni alle orecchie di un sordo individualismo.
edito da Feltrinelli
pp. 248 – euro 16