“Patologie” di Zachar Prilepin racconta in presa diretta l’esperienza della guerra in Cecenia. L’autore, il cui nome è stato accostato a quello di Hemingway, ha combattuto in Cecenia e ci mostra innanzitutto cos’è veramente la guerra contemporanea: gli scontri brevissimi, la figura invisibile e spietata del cecchino, i cadaveri sparsi ovunque, le teste spappolate, fango e tanta vodka per stemperare la paura. Il protagonista e io narrante della storia è il soldato dei corpi speciali russi, gli OMON, Egor Taševskij, da cui Prilepin, che non ha mai ucciso, prende le distanze. Il protagonista, dunque, non è il suo alter ego. Egor va in guerra per guadagnarsi da vivere, tenta inizialmente di esercitare una qualche distinzione tra bene dal male, poi vede cadere attorno a sé numerosi compagni e si ritrova a eseguire un unico obiettivo: uccidere quello che è stato detto essere il nemico. Tra i meriti di Patologie c’è dunque quello di aver posto la questione della guerra cecena, semplicemente sancendone la sua esistenza.
Ma non c’è soltanto la guerra in questo romanzo. La narrazione intervalla al presente delle azioni militari i ricordi di Egor, che riguardano principalmente il suo amore, Daša. Orfano di padre a sei anni Egor trova inizialmente la felicità nel suo amore. Successivamente, la relazione con Daša – come ogni altra relazione che il protagonista intesse con ciò che di caro ha attorno – diviene morbosa, marchiata dalla possessività e dalla gelosia nei confronti della fidanzata. Daša assume dunque una figura duplice: è il rifugio dalla realtà esterna, la salvezza ad ogni problema e allo stesso tempo è un incubo. Sono infatti l’angoscia dei sentimenti e la paura di perdere e perdersi, i motivi che legano la linea narrativa della guerra alla linea sentimentale.
La resa artistica della paura bestiale della morte (la patologia di ogni reduce di guerra) e della vorace fame di possedere qualcosa di suo si concretizza nella metafora della tattilità. Tutto ciò che Egor tocca è descritto minuziosamente (così come tutto ciò che vede, soprattutto i dettagli corporei). Insomma, la scrittura riflette la guerra fisica e mentale di Egor ed è anche il risultato di un’altra guerra, quella che lo scrittore ingaggia con il linguaggio, inteso come forza viva mai doma.
All’interno delle sequenze dedicate alla guerra, narrate al presente e in presa diretta, i momenti degli scontri e della guerriglia sono descritti attraverso l’impiego di frasi brevi, dialoghi mozzati, azioni convulse e immagini frammentarie: è il ritmo della guerra. Le sequenze che riguardano i rapporti con Daša, invece hanno un ritmo più lento e seguono i ghirigori della mente di Egor. Inoltre hanno la funzione di alternare e bilanciare il racconto della guerra, contribuendo a informare il lettore della complessa esperienza psicologica del protagonista, vissuta patologicamente su entrambi i fronti.
Patologie non è dunque soltanto la descrizione degli effetti della guerra su un soldato. La guerra non è che un pretesto, è lo sfondo da cui proiettare angosce e traumi che Egor si porta con sé dall’infanzia. Patologie è anche una riflessione sulle malattie dell’uomo contemporaneo, sulla natura patologica di ogni sua esperienza e sulla precarietà esistenziale che sottostà ad ogni suo gesto e parola.
Può apparire un racconto crudo e spietato, anzi lo è, senza dubbio. Tuttavia l’operazione letteraria di Prilepin apre uno spiraglio verso la salvezza: nominare la paura, darle concretezza artistica, è infatti un primo passo per affrontare il trauma (ogni trauma) e sconfiggerlo (esistono molti casi di reduci che, attraverso la rielaborazione letteraria dei propri traumi, hanno tentato di dare un senso a ciò che era successo, cercando di liberarsi dagli incubi e dalle angosce che la guerra aveva regalato loro).
E allora, da quest’ottica, la storia di Egor concede una speranza. E il romanzo sarebbe anche romanzo di formazione, se consideriamo Egor come colui che è sopravvissuto e ha acquisito quella forza che all’inizio non aveva. Come sempre, però, va al lettore l’ultima parola.
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“Patologie” di Zachar Prilepin
edito da Voland
pp. 288 – euro 15
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Recensione di Andrea Bilaghi
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