Un “erbivoro”, un “negro matto africano”, un secondino “merda” e Giuseppe Mazzini. Con questo poker di improbabili personaggi Celestini gioca la sua personalissima partita a carte con la Storia.
E lo fa nel modo che gli è più congeniale: con quel suo ipnotico flusso di coscienza, frastornante a affabulatorio insieme che è ormai la cifra stilistica di una delle voci più originali del panorama letterario (e teatrale e cinematografico) italiano e non solo.
Sulla scena, come di consueto nell’opera di Ascanio Celestini, ci sono gli ultimi: i derelitti, gli emarginati, quelli di cui la società farebbe volentieri a meno. Soprattutto in questo caso, visto che il protagonista del racconto (in prima persona, come sempre nei lavori di Celestini) è un carcerato. Anzi peggio, un ergastolano, che nel gergo carcerario si chiama appunto “erbivoro”. È uno di quelli per i quali lo scorrere del tempo è una dimensione astratta, a cominciare dalla data di fine pena vergata sulla sua cartella personale: giorno 99, mese 99, anno 9999.
Stavolta però a d accompagnare gli “ultimi” ci sono, letteralmente, i “primi”.
Nel senso dei primi che per dirsi italiani hanno spesa la vita e avuto in cambio la morte. Sono gli eroi del Risorgimento, quelli passati alla Storia e quelli dimenticati. È a loro che si rivolge il protagonista, in un dialogo immaginario con Mazzini, per programmare una fuga impossibile attraverso le gesta di quei ventenni che sull’altare dell’ideale repubblicano sacrificarono la loro giovinezza e immolarono le loro vite, trasformando le loro storie nella nostra Storia.
Del resto dell’arte di intrecciare la Storia con le storie Celestini è un vero maestro. Dalle vicende minute, di ieri e di oggi, viene fuori il ritratto di un paese; un filo rosso che è insieme storico e letterario, onirico e realissimo, folle, anarchico e schiettamente popolare.
Celestini è uno che il gusto per la narrazione ce l’ha nel Dna. Con quel suo tono dimesso, monocorde, e il suo parlare povero e asciutto, sembra impossibile a prima vista che ci si possa lasciar trascinare dal suo discorso.
E invece è esattamente quello che succede. Tanto sentendolo dal vivo quanto leggendolo sulla carta, si intuisce come Celestini abbia la dote rara e preziosa di saper parlare in grande raccontando il piccolo.
edito da Einaudi
pp. 128 – euro 17.50