Uno dei temi più affascinanti della letteratura di tutti i tempi è quello della memoria, dimensione in cui il passato diviene presente, in cui tutto si fa carico di emozioni che ritornano con nuove, molteplici sfumature, in cui i frammenti del vissuto assumono altri significati, tendono a dilatarsi, trasformandosi in metafora esistenziale.
Dalla materia complessa che è il tempo, il tutto che passa, lo svizzero Bernard Comment, scrittore, ricercatore di scienze sociali, sceneggiatore e traduttore di Tabucchi, trae l’essenza di ciò che rimane: “Che resta mai, una volta eliminati i poiché dunque infatti tuttavia, di una vita? della sottile tessitura di una vita? Pochissimo” e lo raccoglie in Tutto passa, nove bellissimi récits che hanno ottenuto nel 2011 il Premio Goncourt-Racconti.
La poetica della memoria e ancor più quella della saudade, ovvero “la nostalgia di ciò che è stato ma anche di ciò che non è stato e avrebbe potuto essere” – come scrive lo scrittore stesso nella prefazione al libro – è l’ambito in cui egli si muove, immerso nell’inarrestabile scorrere del tempo e nello stesso tempo desideroso di fissarlo, di renderlo generatore di risvolti futuri, di inciderlo attraverso la scrittura. Una scrittura densa, intrisa di odori, di sensazioni che sembra fluttuare essa stessa nel tempo della narrazione e che sovente evoca l’idea di “galleggiare”; non a caso, “Galleggiare” è il titolo del racconto iniziale, in cui un’anziana signora, nuotando nell’acqua della sua piscina, avverte che “tutto galleggia, il corpo, la memoria”. Bracciata dopo bracciata, si fa largo nell’elemento naturale così come la sua mente penetra nei ricordi; essi affiorano per poi sprofondare di nuovo, sospesi fra la volontà di divenire evidenti e il desiderio di rimanere celati. La costante entrata ed uscita nel e dal passato è vissuta da personaggi le cui esistenze appaiono in qualche modo intrecciate fra loro; ecco che il momento topico della vita di un personaggio viene dilatato, analizzato e reso unico in un racconto così come viene posto a margine, fatto sfondo in un’altra esistenza, in un altro brano. La bellezza di tale lettura sta quindi nella bravura dello scrittore di penetrare tante memorie, portare a galla frammenti del vissuto estrapolandone verità nascoste e sottilissimi richiami.
Ci sono poi i personaggi di Comment, figure di gran fascino indaffarate in vorticose rimembranze, accomunate dalla solitudine e dalla malinconia. Una solitudine cercata, voluta, inevitabile; essa è la giusta dimensione in cui un personaggio può affermare che “forse è necessario avere un po’ paura per essere felice. O aver bisogno di qualcosa. Ecco cos’è: aspettare qualcosa, con il timore che non succeda”.
E l’attesa si ritrova nell’emblematico racconto finale di Tutto passa, intitolato “Un guasto”, il cui protagonista è la raffigurazione stessa del tempo che è passato; quest’uomo di centotré anni è rimasto bloccato a causa di un blackout in una modernissima biblioteca senza libri, in cui tutto è appunto computerizzato, quindi spento, inesistente. Il guasto è per lui l’occasione per ripercorrere la “sua” biblioteca mentale: “a un certo momento avevo deciso di ridurre il catalogo, conservando soltanto i titoli indispensabili, ma è così difficile, ci sono i ricordi legati alle letture, gli appunti presi a margine, ho sempre annotato i miei libri”. Guarda nel vuoto e rivede il libro legato alla sua infanzia, l’età in cui “si scopre il piacere di voltare le pagine”, per poi passare in rassegna quelli dell’adolescenza che riempiono il mondo interiore, infine ricorda poesie di Holderlin e sussurra versi di Borges sino a ritrovarsi avvolto dall’oscurità di quell’immensa stanza, “un volume d’aria” che è metafora stessa dell’esistenza, della memoria. Cos’altro desiderare in tale circostanza? L’ultracentenario sceglie la compagnia dei libri da portar con sé, nella propria solitudine, e auspica, forse insieme a noi lettori, che quell’arresto di elettricità sia permanente.
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“Tutto passa” di Bernard Comment
pubblicato da Sellerio Editore
pp. 200 – euro 12
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Recensione di Alessia De Marchi
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“Tutto passa” di Bernard Comment (Sellerio)
Uno dei temi più affascinanti della letteratura di tutti i tempi è quello della memoria, dimensione in cui il passato diviene presente, in cui tutto si fa carico di emozioni che ritornano con nuove, molteplici sfumature, in cui i frammenti del vissuto assumono altri significati, tendono a dilatarsi, trasformandosi in metafora esistenziale.
Dalla materia complessa che è il tempo, il tutto che passa, lo svizzero Bernard Comment, scrittore, ricercatore di scienze sociali, sceneggiatore e traduttore di Tabucchi, trae l’essenza di ciò che rimane: “Che resta mai, una volta eliminati i poiché dunque infatti tuttavia, di una vita? della sottile tessitura di una vita? Pochissimo” e lo raccoglie in Tutto passa, nove bellissimi récits che hanno ottenuto nel 2011 il Premio Goncourt-Racconti.
La poetica della memoria e ancor più quella della saudade, ovvero “la nostalgia di ciò che è stato ma anche di ciò che non è stato e avrebbe potuto essere” – come scrive lo scrittore stesso nella prefazione al libro – è l’ambito in cui egli si muove, immerso nell’inarrestabile scorrere del tempo e nello stesso tempo desideroso di fissarlo, di renderlo generatore di risvolti futuri, di inciderlo attraverso la scrittura. Una scrittura densa, intrisa di odori, di sensazioni che sembra fluttuare essa stessa nel tempo della narrazione e che sovente evoca l’idea di “galleggiare”; non a caso, “Galleggiare” è il titolo del racconto iniziale, in cui un’anziana signora, nuotando nell’acqua della sua piscina, avverte che “tutto galleggia, il corpo, la memoria”. Bracciata dopo bracciata, si fa largo nell’elemento naturale così come la sua mente penetra nei ricordi; essi affiorano per poi sprofondare di nuovo, sospesi fra la volontà di divenire evidenti e il desiderio di rimanere celati. La costante entrata ed uscita nel e dal passato è vissuta da personaggi le cui esistenze appaiono in qualche modo intrecciate fra loro; ecco che il momento topico della vita di un personaggio viene dilatato, analizzato e reso unico in un racconto così come viene posto a margine, fatto sfondo in un’altra esistenza, in un altro brano. La bellezza di tale lettura sta quindi nella bravura dello scrittore di penetrare tante memorie, portare a galla frammenti del vissuto estrapolandone verità nascoste e sottilissimi richiami.
Ci sono poi i personaggi di Comment, figure di gran fascino indaffarate in vorticose rimembranze, accomunate dalla solitudine e dalla malinconia. Una solitudine cercata, voluta, inevitabile; essa è la giusta dimensione in cui un personaggio può affermare che “forse è necessario avere un po’ paura per essere felice. O aver bisogno di qualcosa. Ecco cos’è: aspettare qualcosa, con il timore che non succeda”.
E l’attesa si ritrova nell’emblematico racconto finale di Tutto passa, intitolato “Un guasto”, il cui protagonista è la raffigurazione stessa del tempo che è passato; quest’uomo di centotré anni è rimasto bloccato a causa di un blackout in una modernissima biblioteca senza libri, in cui tutto è appunto computerizzato, quindi spento, inesistente. Il guasto è per lui l’occasione per ripercorrere la “sua” biblioteca mentale: “a un certo momento avevo deciso di ridurre il catalogo, conservando soltanto i titoli indispensabili, ma è così difficile, ci sono i ricordi legati alle letture, gli appunti presi a margine, ho sempre annotato i miei libri”. Guarda nel vuoto e rivede il libro legato alla sua infanzia, l’età in cui “si scopre il piacere di voltare le pagine”, per poi passare in rassegna quelli dell’adolescenza che riempiono il mondo interiore, infine ricorda poesie di Holderlin e sussurra versi di Borges sino a ritrovarsi avvolto dall’oscurità di quell’immensa stanza, “un volume d’aria” che è metafora stessa dell’esistenza, della memoria. Cos’altro desiderare in tale circostanza? L’ultracentenario sceglie la compagnia dei libri da portar con sé, nella propria solitudine, e auspica, forse insieme a noi lettori, che quell’arresto di elettricità sia permanente.
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“Tutto passa” di Bernard Comment
pubblicato da Sellerio Editore
pp. 200 – euro 12
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Recensione di Alessia De Marchi
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